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Leonardo una mostra impossibileLeonardo - An Impossible Exhibition
12 ottobre 2018 - 15 ottobre 2018
Istituto centrale per la grafica, Palazzo PoliIstituto centrale per la grafica, Palazzo Poli, RomaRome

La mostra presenta, disposte in sequenza cronologica, ventisei opere dell'artista riprodotte ad altissima definizione e in dimensioni reali, compresa l'Ultima cena (8,80 x 4,60 m). Questa visione d'insieme dei suoi capolavori suscita una grande emozione perché nessuno prima d'ora - neanche lo stesso Leonardo - aveva potuto ammirare, uno accanto all'altro, tutti i suoi dipinti: da quelli giovanili degli anni settanta del Quattrocento trascorsi a Firenze, fino ai capolavori più tardi, immediatamente precedenti il trasferimento di Leonardo in Francia, ad Amboise, al servizio del Re Francesco, dove morirà il 2 maggio 1519. Il ricchissimo apparato didascalico multimediale, che i visitatori possono consultare facilmente sui propri smartphone, è curato dallo storico dell'arte Ferdinando Bologna.

in mostra

AnnunciazioneAnnunciationAnnonciation

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

Sintesi della lezione appresa da Leonardo nella bottega di Andrea del Verrocchio, maestro dell’artista a Firenze, l’opera, destinata al refettorio della chiesa fiorentina di San Bartolomeo a Monte Oliveto, è concepita per una collocazione all'interno di una copertura lignea della parete, come in uso nelle case dell'epoca, motivo delle presunte incongruenze spaziali-compositive sempre denunciate dalla critica. Nell’insieme colpiscono i motivi ornamentali del leggìo a sinistra della Vergine, desunti dal sarcofago (1472) della tomba di Giovanni e Piero de’ Medici (Firenze, San Lorenzo, Sacrestia Vecchia) realizzato dall’officina verrochiesca: elementi indiziari di una cronologia assestabile tra il 1472-73. L’atmosferica trasparenza del paesaggio roccioso al centro del fondo è precoce attestazione delle sperimentazioni prospettiche caratterizzanti i successivi capolavori leonardeschi. 

Testo di Maria Teresa Tancredi

 

APPROFONDIMENTO

Leonardo si allontanò dall'iconografia tradizionale del tema dell'Annunciazione ambientando la scena in un giardino invece che in un luogo chiuso come voleva la tradizione medievale, in allusione al concepimento di Maria. La purezza della Vergine è allusa anche dal giglio che Gabriele le porge, secondo la tradizione, e ancora a lei, madre di Cristo e emblema della Chiesa, sono associati i cipressi che svettano sul fondo, in virtù della caratteristica di crescere allungati verso il cielo. E infine la conchiglia che sormonta il festone con foglie, frutta e fiori, è uno dei simboli mariani, legati alla coltissima concezione neoplatonica della Venere Urania, l'Afrodite celeste, la madre universale, che mediante l'amore purificato conduce l'uomo alla catarsi. I consueti canoni iconografici sono rispettati dalla collocazione l'Angelo a sinistra e della Madonna a destra, ma l'espediente di porre la figura femminile in un angolo consente di intravedere lo spazio interno della camera da letto. Un muretto che delimita il giardino si apre un passaggio verso l'ampio scorcio di paesaggio, un fiume con anse e barche, montagne punteggiate da torri e alberi. La scena si svolge dunque in uno spazio riservato e discreto ma non chiuso in quanto l'apertura al mondo naturale sembra voler sottolineare come il miracolo dell'Incarnazione divina coinvolga l'intero creato. I fiori del prato e tutte le altre specie vegetali appaiono studiati dal vero, con precisione lenticolare botanica, con attenzione da scienziato e sono solo in parte riconducibili a influssi fiamminghi. La luce è chiarissima, mattutina, e ammorbidisce i contorni delle figure, mentre l'impostazione spaziale è resa piuttosto dal digradare progressivo dei colori, soprattutto nello sfondo già immerso nella foschia dello "sfumato". In alcuni punti si possono addirittura notare le impronte digitali dell'artista, che talvolta stemperava il colore con i polpastrelli, come si riscontra sulle foglie dei festoni alla base del leggio e sulle dita della mano destra della Vergine. Il nitido rigore della prospettiva geometrica rimane nei dettagli architettonici, le proporzioni dell'edificio - una costruzione civile dai muri intonacati - del pavimento e del leggio, con un punto di fuga al centro della tavola. Lo spazio è, quindi, costruito con la luce mentre il colore rende l’atmosfera, le tinte azzurre creano la profondità, i colori chiari e freddi la lontananza i caldi il primo piano. Il candore del guarnello, la tipica veste degli angeli, si illumina del rosso del mantello soppannato da quel verde della speranza e la semplice gonnella cinta di Maria concede alla moda solo il taglio delle maniche da cui si intravede la camicia. L'incarnato dell'angelo è pallido e piatto molto diverso da quello del Battesimo di Cristo mentre la Madonna appare compostamente assorta nell'accettazione della sua missione, che sancisce con il gesto della mano aperta mentre l'altra è poggiata sulla Bibbia, aperta ad un passo di Isaia in greco e appoggiata su un velo meraviglioso, impalpabile nella sua sorprendente trasparenza. La scena sacra, tante volte ripetuta, assume un sapore particolare alla luce dell'insegnamento umanistico: l'incarnazione assicura la redenzione in un mondo però dove l'uomo vive in simbiosi con la natura, dove l'ordine assicura la calma, dove l'interno si apre all'esterno, dove tutto fluisce secondo regole precise e dove la ragione prevale sulla forza perché, come dice Leonardo nel Trattato della pittura, dove "manca la ragione suppliscono le grida".

Testo di Giovanna Lazzi    

©Tutti i diritti riservati

Synthesis of the lessons learnt by Leonardo in the workshop of Andrea Verrocchio, the artist’s Florence master, this work was designed for the refectory of the Florentine Church of San Bartholomew at Monte Oliveto. It was conceived to be placed in wooden wall covering above, which explains the alleged incongruences in space and composition that critics have always pointed out. Overall, one is struck by the ornamental motifs on the lectern to the Virgin's left, gleaned from the sarcophagus of the tomb of Giovanni and Piero de’ Medici (Florence, San Lorenzo, Sacrestia Vecchia), made by Verrochio's laboratory. The atmospheric transparency of the rocky landscape mid-background is a precocious attestation of the perspective experimentations that would characterise future Leonardo masterpieces.

Text by Maria Teresa Tancredi

 

IN-DEPHT

Leonardo moved away from the traditional iconography of the theme of the Annunciation, setting the scene in a garden rather than the closed area in Medieval convention, a hortus conclusus, alluding to the conception of Mary. There is further reference to her purity in the lily that Gabriel hands her, in accordance with tradition, and the cypresses soaring in the background are also associated with her as mother of Christ and emblem of the church, in that they grow up towards the sky. Further, the shell surmounting the garland with its leaves, fruit and flowers is one of the symbols of Mary, linked to the cultured Neo-Platonic conception of Venus Urania, celestial Aphrodite, the universal mother, who leads man to catharsis through purified love. The usual iconographical canons are respected by placing the Angel to the left  and the Madonna to the right, but the expedient of positioning the female figure in a corner reveals the space inside the bedroom. The wall bordering the garden opens up a wide view of the landscape, including a river with curves and boats, and mountains dotted with towers and trees. So the scene is played out in an area that is reserved and discrete but not closed, as the opening to the natural world may highlight how the miracle of the divine Incarnation involves all creation. The flowers on the meadow and all the other vegetable species seemed to have been studied in reality, with a precise botanical lens and scientific interest, and can only partly be attributed to Flemish influence. The clear, morning light softens the figures’ borders, while the spatial setting is dominated by the progressive fading of colour, especially in the background, which is already immersed in the "sfumato" mist. Some elements actually reveal the fingerprints of the artist, who sometimes tempered the colours with his fingertips, as shown by the garland leaves at the base of the lectern and the fingers of the Virgin’s right hand. The sharp rigour of geometrical perspective remains in the architectural details, the proportions of the floor, the building – a civilian construction with plastered walls – and the lectern, with a vanishing point at the centre of the table. The space is, then, formed with light, while colour fashions atmosphere, with depth created by the blue tints create depth, distance by the clear, cold colours, and the foreground by the cold colours. Light bounces off the wall, illuminating the characters’ faces and hair and modelling the architectural elements and the flowing drapery of the dresses in their classical cadences. The white of the fringe, the typical angel’s attire, is brightened by the red of the cloak, underlain by the green of hope and Mary’s simple girded skirt concedes to fashion only the cut of the sleeve, showing her blouse. The incarnation of the angel is pale and flat, quite unlike the one in the Baptism of Christ, while the Madonna appears composed, absorbed in accepting her mission, which she seals by opening one hand, as the other is placed on the Bible, displaying a passage from Isaiah, symbolising the truthfulness of Scripture, protected, in a mark of sacred respect, by the wondrous veil, impalpable in its surprising transparency. The Madonna appears composed, absorbed in accepting her mission, which she seals by opening one hand, as the other is placed on the Bible, displaying a passage from Isaiah, symbolising the truthfulness of Scripture, protected, in a mark of sacred respect, by the wondrous veil, impalpable in its surprising transparency. This oft-repeated holy scene takes on peculiar style in the light of humanistic teaching: the incarnation ensures redemption in a word where man lives in symbiosis with nature, order guarantees calm, the internal opens to the external, everything flows according to precise rules, and reason prevails over force because, as Leonardo wrote in the Treatise on Painting, “where reason fails, cries beseech".

Text by Giovanna Lazzi

©All Rights Reserved 

Synthèse de lenseignement tiré par Léonard de latelier dAndrea del Verrocchio, maître de lartiste à Florence, l’œuvre, destinée au réfectoire de l’église florentine de San Bartolomeo à Monte Oliveto, est conçue pour être placée à lintérieur dun revêtement mural en bois, selon lusage dans les demeures de l’époque, ce qui expliquerait les présumées incongruences spatiales dans la composition que la critique a toujours dénoncées.

Léonard s’éloigna de liconographie traditionnelle du thème de lAnnonciation en situant la scène dans un jardin plutôt que dans un lieu clos comme le voulait la tradition médiévale, en référence à la conception de Marie. La pureté de la Vierge est également suggérée par le lys que Gabriel lui tend, selon la tradition, et cest encore à elle, mère du Christ et emblème de lEglise, que sont associés les cyprès qui se dressent en arrière-plan, eu égard à leur particularité de pousser allongés vers le ciel. Enfin le coquillage qui surmonte le feston orné de feuilles, fruits et fleurs, est un symbole marial, lié à la très savante conception néoplatonicienne de la Vénus Uranie, lAphrodite céleste, la mère universelle, qui grâce à lamour purifié conduit lhomme à la catharsis. Les canons iconographiques habituels sont respectés par la position de lAnge à gauche et de la Madone à droite, mais lexpédient consistant à placer le personnage féminin dans un coin permet dentrevoir lespace intérieur de la chambre à coucher. Un muret qui délimite le jardin ouvre un passage vers la vue étendue du paysage, un fleuve avec ses anses et des barques, des montagnes ponctuées de tours et darbres. La scène se déroule donc dans un espace réservé et discret mais pas fermé dans la mesure où louverture sur le monde naturel semble vouloir souligner la manière dont le miracle de lIncarnation divine implique la totalité de la création. Les fleurs du pré et toutes les autres espèces végétales apparaissent étudiées daprès la réalité, avec une précision botanique lenticulaire, une attention de scientifique et ne sont quen partie attribuables aux influences flamandes. La lumière est très claire, matinale, et adoucit les contours des personnages, tandis que la disposition de lespace est plutôt rendue par le dégradé progressif des couleurs, surtout pour larrière-plan déplongé dans la brume du sfumato. A certains endroits on peut même remarquer les empreintes digitales de lartiste, qui parfois délayait la couleur du bout des doigts, comme on le retrouve sur les feuilles des festons à la base du pupitre et sur les doigts de la main droite de la Vierge. La rigueur nette de la perspective géométrique réside dans les détails architecturaux, les proportions de l’édifice – une construction civile aux murs enduits du dallage et du pupitre, avec le point de fuite au centre du panneau. Lespace se construit donc avec la lumière tandis que la couleur rend latmosphère, les teintes azurées créent la profondeur, les couleurs claires et froides le lointain et les couleurs chaudes le premier plan. La candeur du guarnello, le vêtement caractéristique des anges, sillumine du rouge du manteau doublé de ce vert de lespoir et la simple jupe avec ceinture de Marie ne concède à la mode que louverture dans les manches à travers laquelle on aperçoit la chemise. La carnation de lange est pâle et plate, bien différente du Baptême du Christ, tandis que la Madone apparaît sobrement absorbée dans lacceptation de sa mission, quelle approuve dun geste de sa main ouverte quand lautre est posée sur la Bible, ouverte sur un passage dIsaïe en grec et reposant sur un voile merveilleux, impalpable dans sa surprenante transparence.

Texte de Giovanna Lazzi 

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Ritratto di Ginevra de' BenciPortrait of Ginevra de' BenciPortrait de Ginevra de' Benci

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

L’opera rappresenta l’esordio dell’artista nel genere del ritratto e risale al tratto al periodo finale della permanenza di Leonardo nella bottega di Andrea del Verrocchio. La fissità del volto e del busto della malinconica dama, indagati in modo analitico ricorrendo alla tecnica fiamminga, contrasta con la resa atmosferica del paesaggio a destra. Ancora incerte sono le ragioni della commissione del dipinto, forse richiesto per le nozze di Ginevra Benci con Luigi di Bernardo di Lapo Niccolini. Lo farebbero credere i rami di ginepro sulla sinistra, simbolo di castità e amore coniugale. La critica ha però anche suggerito di riconoscere il committente del quadro in Bernardo Bembo, ambasciatore a Firenze per conto della Repubblica di Venezia, legato alla Benci da platonici sentimenti amorosi.

Testo di Maria Teresa Tancredi

 

APPROFONDIMENTO

“Ritrasse la Ginevra d'Amerigo Benci cosa bellissima" scrissero il Vasari e l’Anonimo Gaddiano “, la quale tanto bene finì che non il ritratto ma la propria Ginevra pareva”.

Richiamano al nome della giovane, in una chiara assonanza, le fronde sempreverdi di ginepro che circondano, come un’aureola, il volto intenso. Sul verso un nastro avvolto alla ghirlanda reca l’iscrizione VIRTUTEM FORMA DECORAT (La bellezza adorna la virtù). Le fronde che attorniano il rametto di ginepro possono alludere alle virtù della fanciulla e al suo talento poetico ma comparivano anche nello stemma di Bernardo Bembo, utilizzato come segno di possesso nei suoi manoscritti, dove compare il motto VIRTUS ET HONOR, scoperto anche nella tavola mediante esami ai raggi infrarossi condotti dalla National Gallery. Si avvalora così l’ipotesi che alle vicende del ritratto non sia estranea la figura del poeta e umanista veneziano Bernardo Bembo, ambasciatore a Firenze per conto della Repubblica di Venezia, legato alla Benci da un fitta corrispondenza se non da sentimenti amorosi. Aggiungendo la parola iuniperus (ginepro) a queste lettere e anagrammando il motto come in una “macchina alfabetica” si ottiene VINCI PERITUS AUDET FORMARE TORUM, (L’esperto Vinci osa formare il giro di nastro alla ghirlanda).

L'acconciatura è tipica delle giovani fiorentine nell'ultimo quarto del Quattrocento, con i capelli raccolti sulla nuca lasciando liberi piccoli ricci intorno al volto, come Giovanna Tornabuoni negli affreschi del Ghirlandaio nella cappella maggiore di Santa Maria Novella, tanto che il Vasari scambiò l’identificazione delle due fanciulle. Al colore dei capelli si intona quello dell’abito e persino lo sfondo del paesaggio dove tornano gli elementi cari al pittore: specchi d'acqua, campanili e torri appuntite, montagne che si stemperano nei toni azzurrini dello sfondo secondo le regole della prospettiva, con la ricchezza dei dettagli alla fiamminga.  Per creare l’effetto di un incarnato quasi vivo, Leonardo distribuì il colore sul volto usando anche le dita. Ginevra indossa una veste chiusa da lacci di foggia comune anche se arricchita da un gallone dorato con un velo a mostra che chiude la scollatura. L’abbigliamento senza sfoggi particolari sembra calare la fanciulla nella quotidianità. Attraverso l’espressione intensa degli occhi allungati e seri senza sorriso, decisi e intelligenti, si mette in evidenza non solo l’aspetto esteriore ma anche il carattere. La sfericità del volto che fora lo spazio e si impone nella sua forma geometrica riprende la tradizione tanto cara a artisti rigorosi come Piero della Francesca o il Laurana. Ma la volumetria quasi tridimensionale non annulla la personalità tanto lo sguardo è penetrante mentre la piega ferma delle labbra denota una fermezza d’animo che tuttavia non poteva bastare ad annullare le convenzioni sociali, che imponevano ad una donna, specie se di rango, di piegarsi alle decisioni della famiglia soprattutto riguardo al suo matrimonio. Nonostante che la Benci sia stata ricordata anche da Lorenzo il Magnifico come una delle donne più colte della società fiorentina, il suo destino era comunque segnato.

Già in questo splendido e precoce ritratto l’artista vuole “isprimere con l’atto la passione dell’anima sua”, avvalorando la convinzione che anche se i movimenti del corpo avvengono per processi meccanici, che aveva studiato con tenace acribia, la loro origine è nell’anima, la cui natura non è meccanica ma spirituale. Il dipinto venne decurtato di almeno un terzo nella parte inferiore, tagliando così le mani, che dovevano giocare un ruolo importante come nei più famosi ritratti di Leonardo e nella Dama con il mazzolino di Verrocchio (Firenze, Bargello), e come sembra testimoniare uno studio conservato nella Royal Library del Castello di Windsor.

Testo di Giovanna Lazzi 

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This work can be dated towards the end of Leonardo’s stay in Andrea Verrocchio's workshop, and marks the artist’s début in the portrait genre. The steadiness in the melancholic lady’s face and bust, analytically investigated with recourse to the Fleming technique, contrasts the atmospheric rendering of the countryside to the right. The reasons for the painting’s commission remain unknown, but it may have requested for Ginevra Benci's wedding to Luigi di Bernardo di Lapo Niccolini, considering the juniper twigs on the left, symbolising chastity and conjugal love. However, critics have also suggested the work was ordered by Bernardo Bembo, ambassador in Florence for the Republic of Venice and linked to Benci by feelings of Platonic love. 

Text by Maria Teresa Tancredi

 

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 “He made a portrait of Ginevra d'Amerigo Benci, a beautiful work,” wrote Vasari and the Anonymous Gaddiano, “which was so well completed that it seemed not a portrait but Ginevra herself.” Various letters attest to the relationship between Leonardo and the rich banker Amerigo Benci, whose daughter Ginevra married Luigi di Bernardo di Lapo Niccolini in 1474, and the panel is said to have been painted for that occasion. The young lady’s name is alluded to through the clear assonance of the evergreen juniper leaves that surround her intense countenance like a halo. On the back, a bow wrapped round the garland bears the inscription VIRTUTEM FORMA DECORAT (Beauty adorns virtue); the foliage around the juniper branch may refer to the youth’s virtue and poetic talent, but it also appeared in Bernardo Bembo’s coat of arms, used as a sign of possession in his manuscripts, like the one at the hand of Bartolomeo Sanvito in a poem by Paolo Marsi, which includes the motto VIRTUS ET HONOR, also discovered in this panel through infrared ray exams performed by the National Gallery. This supports the hypothesis that the portrait’s history also involves the Venetian poet and humanist Bernardo Bembo, ambassador at Florence on behalf of the Republic of Venice, linked to Benci by copious correspondence and perhaps love. Adding the word iuniperus (juniper) to these letters and making the motto an anagram as in an “encyphered code” reveals VINCI PERITUS AUDET FORMARE TORUM (The expert Vinci dares to form the twist of the garland bow. The coiffure is typical of Florentine youths from the final quarter of the 1400’s, the hair gathered at the nape to leave small, free curls around the face, like Giovanna Tornabuoni in frescos by Ghirlandaio in the greater chapel of Santa Maria Novella, so much so that Vasari confused the identification of the two young women. The colour of the hair matches that of the dress and even the landscape background, where elements dear to the painter recur: water reflections, bell and pointed towers, mountains spreading into the pale blue background in accordance with the rules of perspective, with Fleming-style richness of detail. To create the effect of almost living pink, Leonardo distributed the colour over the face with his fingers. Ginevra wears a closed, lace-like dress that is common but enriched by a gold braid with a lapel veil to close the neckline. The far-from-showy clothing seems to locate the lady in everyday life, almost to stress not only her exterior appearance but rather her character. The sphericity of the face, which pierces the space and imposes itself in its geometric form, so dear to such rigorous artists as Piero della Francesca or Laurana. But the gaze is so penetrating that the almost three-dimensional volumetry does not cancel out her personality, while the firm curl of the lips denotes a resoluteness of heart which could not suffice to annul the social conventions which made a woman, especially a high-ranking one, bend to family decisions, particularly in marriage. Although Benci is even remembered by Lorenzo il Magnifico as one of the most cultured ladies in Florentine society, her destiny was sealed. Even in this splendid, precocious portrait, the artist wishes to “express the passion of his soul in deed”, confirming the conviction that body movements may occur through specific mechanisms, which he had studied with tenacious precision, but they originate from the soul, which is not mechanical but spiritual in nature. The painting was shortened by at least a third in its lower part, cutting the hands, which were to play a significant part, as in Leonardo’s more famous portraits and Verrocchio’s Woman with Flowers (Florence, Bargello), and as a study conserved in Windsor Castle Royal Library seems to testify. 

Text by Giovanna Lazzi

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L’œuvre représente les débuts de lartiste dans le genre du portrait et remonte à la période finale du séjour de Léonard de Vinci dans latelier dAndrea del Verrocchio. La fixité du visage et du buste de la dame mélancolique, quil questionne de manière analytique en ayant recours à la technique flamande, contraste avec le rendu atmosphérique du paysage à droite. Encore incertaines sont les raisons pour lesquelles ce tableau lui fut commissionné, peut-être demandé pour les noces de Ginevra Benci avec Luigi di Bernardo di Lappo Niccolini.  Cest ce que tendent à faire penser les branches de genévrier sur la gauche, symbole de chasteté et damour conjugal. La critique a cependant suggéré également de reconnaître le commanditaire en la personne de Bernardo Bembo, ambassadeur à Florence pour le compte de la république de Venise et que des sentiments dun amour platonique liaient à Ginevra Benci.

Texte de Maria Teresa Tancredi

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Dama con l'ermellinoLady with an ErmineLa Dame à l'hermine

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

L'identificazione della dama con Cecilia Gallerani, favorita di Ludovico il Sforza, detto il Moro, si basa su un sonetto del 1493 di Bernardo Bellincioni "Sopra il ritratto di Madonna Cecilia, qual fece Leonardo".

Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura  / Al Vinci che ha ritratto una tua stella: Cecilia! sì bellissima oggi è quella / Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura. L'onore è tuo, sebben con sua pittura / La fa che par che ascolti e non favella: Pensa quanto sarà più viva e bella, / Più a te fia gloria in ogni età futura. Ringraziar dunque Ludovico or puoi / E l'ingegno e la man di Leonardo, Che a' posteri di te voglia far parte./ Chi lei vedrà così, benché sia tardo, Vederla viva, dirà: Basti a noi / Comprender or quel eh' è natura et arte.

Cecilia era figlia di Margherita de' Busti e Fazio Gallerani, famiglia di origini senesi che si rifugiò a Milano agli inizi del Quattrocento quando il nonno Sigerio Gallerani, giurista e ghibellino fuggì per il prevalere dei guelfi. Quando il padre di Cecilia morì, la famiglia, che aveva conquistato un ruolo importante presso la corte milanese, si venne a trovare in pesanti difficoltà, quindi l'istruzione della giovane venne probabilmente curata dalla madre che, figlia di studiosi, incoraggiò quel talento tanto lodato dai letterati dell'epoca. È databile intorno al 1490 la presenza ufficiale della giovane a corte. Ebbe un figlio da Ludovico il Moro, Cesare e ricevette in dono diversi immobili tra cui il Palazzo Carmagnola, dove grazie alla sua cultura personale e al suo amore per il sapere verrà istituito una sorta di cenacolo letterario e artistico. 

 

APPROFONDIMENTO

Il dipinto, che ebbe subito un notevole successo rinnovando profondamente l'ambiente artistico milanese, viene datato dopo il 1488, quando Ludovico il Moro ricevette il prestigioso titolo di cavaliere dell'Ordine dell'Ermellino dal re di Napoli. La scansione e analisi multispettrale delle immagini di Pascal Cotte consentono di verificare che la versione nota del dipinto rappresenterebbe il risultato finale di revisioni e rifacimenti come l’aggiunta di un esemplare della famiglia dei mustelidi, donnola o furetto, poi mutato in ermellino. La posa dell’animale è coerente con le note di Leonardo nel trattato De Pittura “ perché gli è necessario fare i lor moti (della testa) che mostrino vivacità desta, e non addormentata”.

L’abbigliamento è molto curato, ma non eccessivamente sfarzoso, per l'assenza di gioielli, a parte la lunga collana di granati, simbolo di amore fedele, forse un dono di Ludovico il Moro, interpretati anche come onice o corallo o addirittura grani “finti” contenenti profumi. Sulla “camora”, tagliata in vita con gonna ampia e scollatura decorata con motivi ad intreccio detti “groppi” o “vincji”,  in quanto ricorrenti nei disegni di Leonardo,  la giovane porta la “sbernia”,  il mantello indossato asimmetricamente sopra una spalla, di raso turchino foderata in zendale “leonato”, fulvo come il leone, “alla spagnola”,  secondo una moda lanciata alla corte aragonese di Napoli e introdotta a Milano da Isabella d’Aragona, sposa di Gian Galeazzo Sforza. I vistosi fiocchi neri sono frutto di ritocchi successivi. Le maniche sono di due colori diversi, adornate da nastri che potevano essere sciolti per sostituirle. Una cuffia di velo con l’orlo ricamato trattenuta da una “lenza“, serra i capelli pettinati ancora “alla spagnola“, lisci, divisi da una riga centrale, con due bande aderenti al volto raccolte sul retro da una coda (“coazzone” in milanese), infilata nel “trenzado”, una guaina che serviva per trattenere e intrecciare i capelli, con la ciocca sotto il mento in obbedienza alla nuova moda spagnola ma rivisitata al gusto lombardo. Cecilia già con l’arrivo di Isabella pare avesse adottato le fogge alla catalana come nota il corrispondente estense Giacomo Trotti: «Questa duchessa (Isabella) l’ha vestita alla catalana e la tene in palma di mano», dunque prima del 1491 quando la loro adozione in area milanese con l’ingresso di Beatrice d’Este diventa una vera e propria moda.

Lo sfondo è scuro (ma lo era molto meno prima di un restauro del XIX secolo) e dall'analisi ai raggi X emerge che dietro la spalla sinistra della dama era originariamente dipinta una finestra. Lo schema del ritratto quattrocentesco, a mezzo busto e di tre quarti, viene superato da Leonardo con una duplice rotazione, il busto rivolto a sinistra e la testa a destra, come se Cecilia stesse osservando qualcuno che entra  nella stanza.  Grande risalto è dato alla mano con le dita lunghe e affusolate che rivelano una attenta analisi anatomica, oltre che una sottile ma profonda nota psicologica del personaggio. 

Testo di Giovanna Lazzi

©Tutti i diritti riservati

The girl’s identification with Cecilia Gallerani is based on a sonnet (1493) by Bernardo Bellincioni "On the Portrait of Madonna Cecilia, which Leonardo made".

Nature, what provokes you, who arouses your envy?/ It is Vinci, who has painted one of your stars!/ Cecilia, today so very beautiful, is the one/ Beside whose beautiful eyes the sun appears as a dark shadow./ The poet: The honour is yours [Nature], even if in his picture/ She seems to listen and not converse./ Think only, the more alive and beautiful she is, The greater will be your glory every future era./ Give thanks therefore to Ludovico, or rather/ To the supreme talent and hand of Leonardo,/ Which allows you to partake in posterity./ Everyone who sees her thus - even later,/ Seeing her alive - will say, that this is enough for us/ To understand what is nature and what is art./

As an exchange of letters from 1498 attests, Isabella d’Este, wife of Francesco Gonzaga, Lord of Mantua, borrowed the work, and then commissioned from Leonardo a portrait, a cartoon of which remains (Cabinet des Dessins du Louvre). Cecilia was the daughter of Margherita de' Busti and Fazio Gallerani, a family of Siena origins who took refuge in Milan in the early 1400s, when the grandfather Sigerio Gallerani, jurist and Ghibelline, fled to prevail over Guelphs. When Cecilia’s father died, the family, who had won an important role at the ducal court, found itself in great difficulty, so the girl’s education was probably entrusted to her mother, a daughter of scholars who encouraged the talent so praised by the literati of the period. The young lady’s official presence at court can be dated around 1490. She had a son by Ludovico il Moro, Cesare, and was given various estates, including Palazzo Carmagnola, where her personal culture and love for knowledge took her into a sort of literary and artistic coterie. 

 

IN-DEPHT 

The painting was an immediate success, greatly renewing Milan’s artistic milieu, and it is dated after 1488, when the King of Naples gave Ludovico il Moro the prestigious title of Knight of the Order of the Ermine. Multi-spectral scansion and analysis of Pascal Cotte’s images have verified that the known version of the painting is the final result of revisions and reworking, such as adding a specimen of the mustelid family, a weasel or ferret, later changed into an ermine. The animal’s pose is coherent with Leonardo’s notes in his tract De Pittura “because it is necessary to make their (head) movements so as to show wakeful, not sleeping, liveliness. The clothing, too, is very neat, but not excessively lavish, as it lacks jewels, apart from the long necklace of grain, a symbol of faithful love, perhaps a gift from Ludovico il Moro, also interpreted as onyx, coral or even ‘fake’ wheat containing perfumes. On the “camora”, cut at the waist, and the neckline, decorated with woven motifs called “groppi” or “vincji”, as they recur in Leonardo’s drawings, the young lady wears the “sbernia”, the coat placed asymmetrically over one shoulder, in turquoise satin lined in “leonato” frills, tawny like a lion, “alla spagnola”, in line with a fashion set by the Aragon Court of Naples and introduced to Milan by Isabella d’Aragona, bride of Gian Galeazzo Sforza in February 1489. The showy black lace is the result of later finishing. The sleeves are two different colours and adorned with bows that could be untied to be substituted. A veil headpiece with its embroidered hem, held in by a “lenza”, clasps the hair, also “alla spagnola”, smooth, divided by a centre parting, with two bands sticking to the face, gathered behind in a tail (“coazzone” in Milanese), drawn into a “trenzado”,  a braid used to hold back and plait the hair, the lock under the chin following the new Spanish style, but revisited in the Lombard taste. Even on Isabella’s arrival, Cecilia seems to have adopted the Catalan style, as the Este correspondent Giacomo Trotti notes: «The Duchess Isabella has dressed her in the Catalan mode and carry her in the palm of her hand», so before 1491, when its introduction to the Milanese milieu with the entrance of Beatrice d’Este becomes out-and-out fashion. The background is dark (but it was far more so before restoration in the XIX century) and X-ray analysis shows that a window had originally been painted behind the lady’s left shoulder. Leonardo goes beyond the 1400’s portrait scheme of half bust in three quarters by using a double rotation, turning the bust to the left and the head to the right, as if Cecilia were observing someone entering the room, and the body movement investigates the feelings of the soul. Emphasis is given to the hand, with its long, sleek fingers revealing accurate anatomic analysis, as well as subtle but deep psychological study of character. 

Text by Giovanna Lazzi

©All Rights Reserved 

Lidentification de la dame avec Cecilia Gallerani, favorite de Ludovic Sforza, dit le More, repose sur un sonnet de 1493 de Bernardo Bellincioni "Sur le portrait de Madone Cecilia tel quil fut réalisé par Léonard de Vinci. Cecilia était la fille de Margherita de' Busti et Fazio Gallerani, une famille originaire de Sienne qui se réfugia à Milan au début du XVème siècle lorsque le grand-père Sigerio Gallerino, juriste et gibelin, prit la fuite suite à la domination des guelfes. Quand le père de Cecilia mourut, la famille, qui avait conquis un rôle important auprès de la cour de Milan, se trouva dans de grandes difficultés et linstruction de la jeune fille fut probablement assurée par la mère qui, fille de savants, encouragea ce talent que les hommes de lettres de l’époque louaient tant. La présence officielle de la jeune fille à la cour remonte aux environs de 1490. Elle eut un fils de Ludovic le More, Cesare, et reçut en don différents biens dont le palais Carmagnola, où grâce à sa culture personnelle et à son amour pour le savoir sera institué une sorte de cénacle littéraire et artistique.

Texte de Giovanna Lazzi 

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Belle FerronnièreBelle Ferronnière

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

Il dibattito sul riconoscimento del personaggio ritratto è ancora in corso, spesso collegato ai versi di un componimento poetico (Milano, Biblioteca Ambrosiana, codice Atlantico), attribuito ad Antonio Tebaldeo, allusivi a un ritratto di Lucrezia Crivelli eseguito dal genio toscano durante il soggiorno del 1483-99 nella Milano di Ludovico Sforza. Protettore dell’artista, il Moro intrattiene con la Crivelli una relazione amorosa coronata dalla nascita di un figlio. Nel consapevole riserbo della figura, accentuato dal nero di fondo e dal magnetico sguardo fisso verso l’esterno, il dipinto testimonia l’incalzante affermazione dell’innovativa concezione impressa da Leonardo al genere ritrattistico, incentrata sulla preminenza accordata alla scoperta vinciana dei “moti dell'animo”.

 Testo di Maria Teresa Tancredi

 

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APPROFONDIMENTO

La denominazione con cui il dipinto è universalmente noto - letteralmente "la bella moglie di un mercante di ferramenta" - è dovuta a un errore di catalogazione del tardo XVIII secolo: "Ferronnière" si riferisce infatti al nastro che le cinge la fronte, che prese il nome da Madame Ferron, amante di Francesco I di Francia chiamata in Italia "lenza", con un piccolo rubino al centro, perfettamente intonato alla tonalità accesa ma raffinata dell'abito, che si riverbera nel colorito del volto, incorniciato dai capelli lisciati e raccolti poi in una lunga treccia.

I dettagli dell'abbigliamento, resi con grande cura, mostrano l'attenzione alla moda nelle maniche staccabili che danno vita al gioco degli sbuffi della camicia. La torsione del busto mette in evidenza la testa che si volge invece frontalmente con lo sguardo penetrante ma distaccato, e quel tanto di enigmatico che si coglie nei ritratti leonardeschi, dove l'intensa introspezione psicologica, l'attenzione ai "moti dell'animo", isola tuttavia la figura in una sfera inaccessibile. 

 Testo di Giovanna Lazzi

 

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The debate to identify the lady portrayed is still ongoing, and often linked to the verses of a poetic composition (Milan, Biblioteca Ambrosiana, Atlantic code), attributed to Antonio Tebaldeo, alluding to a portrait of Lucrezia Crivelli by the Tuscan genius during his stay in Ludovico Sforza's Milan from 1483 to 1499. Patron of the artist, The Moor enjoyed an amorous relationship with Crivelli, culminating in the birth of a son. In the figure's conscious reserve, heightened by the black background and her magnetic stare outwards, the painting testifies the compelling affirmation of Leonardo's innovative conception of the portrait genre, centred on pre-eminence accorded to the Vincean discovery of “motions of the soul”.

Text by Maria Teresa Tancredi

 

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The name by which the painting is universally known (literally "the beautiful wife an iron merchant") derives from a cataloguing error in the late XVIII century: "Ferronnière" actually refers to the bow around her brow, which took its name from Madame Ferron, the lover of Francis I, King of France. Called "lenza" in Italian, it has a small ruby in the centre, in perfect tune with the bright but refined tones of the dress, reverberating in the flush of the face, framed by hair that has been smoothed and gathered into a long braid.

The details of the clothing, rendered with great care, show attention to fashion in the detachable sleeves which enliven the puff of the blouse. The twist of the bust highlights the head, which rather turns frontally, its gaze piercing but distant, with that enigmatic quality found in Leonardesque portraits, where the intense psychological introspection, attentive to the "movements of the soul", isolates the figure in an inacessible sphere.

Text by Giovanna Lazzi

 

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Testa di fanciulla Portrait of a Girl

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

Il disegno, ritenuto da Bernard Berenson «il più bello del mondo», è probabilmente uno studio preparatorio per la splendida creatura angelica che si volge verso lo spettatore nella Vergine delle rocce (Parigi, Louvre). Databile intorno agli anni 1483 - 1485, il volto, indubbiamente femminile, enfatizza la asessuata bellezza dell’entità soprannaturale del celebre dipinto. Nella “modella” si è voluto identificare Cecilia Gallerani, la giovane amante di Ludovico Sforza, riconosciuta anche nella Dama con l'ermellino. La sua espressiva naturalezza fa sospettare un ritratto eseguito dal vero, un «ritratto di spalla» come lo definì Carlo Pedretti (1979), per la posa perentoria, di scorcio, che enfatizza i tratti del volto accuratamente delineati, di contro ai capelli e alla veste sommariamente tracciati, più evocativi che realistici. L’attenzione dell’artista si è concentrata sulla linea dritta del naso,  sul leggero incresparsi della bocca e soprattutto sulla profondità dello sguardo, che pare fissarsi sullo spettatore e accompagnarlo verso una visione improvvisa che ha costretto la fanciulla a voltarsi. Anche in questa figura si avverte quel che di enigmatico e sfuggente che costituisce uno dei motivi del fascino dell’arte di Leonardo.

Testo di Giovanna Lazzi

 

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This drawing, which Bernard Berenson considered «the most beautiful in the world», is probably a preparatory study for the splendid angelic creature turning to the viewer in Virgin of the Rocks (Paris, Louvre). Datable to around 1483 - 1485, the doubtlessly female face emphasises the asexual beauty of the supernatural entity of the famed picture. Some have identified the “model” as Cecilia Gallerani, Ludovico Sforza's young lover, also recognised in Lady with an Ermine. Her expressive naturalness evokes a real-life portrait, a «head-and-shoulder portrait» as Carlo Pedretti defined it (1979), due to the peremptory, glimpsed pose, emphasising the accurately delineated facial features, as against the hair and summarily traced clothes, more evocative than realistic. The artist focussed on the direct line of the nose and the slight pout of the mouth, but mostly on the depth of the gaze, which seems to stare at the viewer and accompany him to a sudden vision which forced the girl to turn around. This figure also holds the enigmatic, elusive quality that is one of the most fascinating parts of Leonardo's art.

Text by Giovanna Lazzi

 

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ScapiliataScapiliata

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

Realizzato con terra ombra e ambra inverdita su tavola di pioppo preparata a biacca, l’abbozzo di questa suggestiva testa femminile confluisce nelle collezioni della Galleria Palatina di Parma durante il 1839, recando la corretta ascrizione vinciana. Nel Cinquecento potrebbe essere appertenuto a Margherita Paleologa, moglie di Federico II Gonzaga. In un inventario gonzaghesco del 1627 è così indicato: «un quadro dipintovi la testa di una donna, scapigliata, bozzata… opera di Leonardo da Vinci». Evidenti le assonanze stilistiche e le similarità fisionomiche con l’angelo nella seconda versione della Vergine delle Rocce alla National Gallery di Londra.

Testo di Maria Teresa Tancredi

 

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APPROFONDIMENTO

Il chiaroscuro steso con forti lumeggiature esalta il rilievo scultoreo del volto che prende vita dalla vibrante massa dei capelli, scomposta ad arte in ricci mossi, quasi la testa di uno dei venti ai margini delle grandi carte del mondo. La posa e l'intensità psicologica piaceranno a molti pittori, come Bernardino Luini che la ripropone nella Salomè con la testa del Battista.

Il volto reclinato, gli occhi abbassati, la dolcezza dell'ovale sono elementi noti alla pittura fiorentina, terreno di formazione di Leonardo, ma in particolare il tema dei capelli, che tanto era piaciuto alla letteratura manualistica dedita a individuare le componenti della perfetta bellezza femminile, trova una base teorica nelle raccomandazioni dell'Alberti che sembrano seguite alla lettera "Quanto certo a me piace ne' capelli vedere quale io dissi sette movimenti: volgansi in uno giro quasi volendo anodarsi, e ondeggino in aria simile alle fiamme; parte quasi come serpe si tessano fra gli altri, parte crescendo in qua e parte in là." Il naso leggermente pronunciato e le labbra appena imbronciate in un abbozzato sorriso permettono, però, alla fanciulla di uscire dall'anonimato di una perfezione da manuale e di diventare immediata, viva e moderna, fissata in quell'istante in cui un colpo di vento le scompiglia i ricci.  

Testo di Giovanna Lazzi

 

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Made in umber and green amber on poplar wood prepared with white lead, the sketch of this evocative female head entered the Parma Galleria Palatina collection in 1839, correctly ascribed to Leonardo. In the 1500’s it may have belonged to Margherita Paleologa, wife of Federico II Gonzaga. A 1627 inventory of the Gonzaga family describes it thus: «a painting with the head of a woman, windblown, sketched… work of Leonardo da Vinci». Stylistic and physiognomic similarities to the angel in the second version of the Virgin of the Rocks, at the National Gallery in London, are evident. 

Text by Maria Teresa Tancredi

 

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The chiaroscuro, rendered with strong lighting, brings out the sculptural relief of the face, which comes alive with its vibrant mass of hair, intentionally dishevelled into wavy locks, almost the head of a one of the winds at the edge of the great world maps. The pose and psychological intensity pleased many painters, such as Bernardino Luini, who reused it in the Salomè with the Head of the Baptist. The reclined face, the lowered eyes, the sweetness of the oval are all elements known to Florentine painting, Leonardo’s training ground, but in particular the theme of hair, so dear to manual literature dedicated to defining the components of perfect feminine beauty, finds a theoretical basis in the recommendations of Alberti, which seem to follow to the letter: "In hair, how I like to see what I called seven movements: rotating in a turn, almost to knot itself; waving in the air like flames; a part almost as a serpent, weaving among others, a part climaxing here, another part there". But the slightly pronounced nose and the mouth, just pouting into the hint of a smile,  take the maiden out of the anonymity of textbook perfection so she becomes immediate, alive and modern, fixed at that instant in which a burst of wind ruffles her hair, and she remains there forever. 

Text by Giovanna Lazzi

 

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Cartone di sant'AnnaThe Burlington House Cartoon

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

Il cartone mostra le tre generazioni della famiglia di Cristo: sant'Anna tiene sua figlia Maria sulle sue ginocchia e quest'ultima trattiene il figlio, che si rivolge verso san Giovannino. Anna indica con la sinistra il cielo e guarda Maria con uno sguardo festoso e familiare. Così la descrive il Vasari: "Finalmente fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una S. Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gl'artefici, ma finita ch'ella fu, nella stanza durarono due giorni d'andare a vederla l'uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va a le feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo." Disegnato con gessetto nero su otto fogli di carta incollati tra loro, è una delle opere più preziose e delicate della National Gallery. 

Testo di Giovanna Lazzi

 

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The cartoon shows the three generations of Christ’s family: on her lap, Saint Anne holds her daughter Mary, who restrains her son, who turns to a baby Saint John. Anne points to the sky with her left finger and looks cheerily, friendlily at Mary. Vasari describes it thus: “Finally he did a cartoon showing Our Lady with Saint Anne and the Infant Jesus, which not only won the admiration of all artists, but when finished, for two days attracted men and women, young and old, to the room, as if they were going to a solemn celebration, to see the wonders of Leonardo, which amazed all the people." Drawn in charcoal on eight sheets of paper, glued together, it is one of the National Gallery’s most precious, delicate works. 

Text by Giovanna Lazzi

 

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Sant'Anna, la Vergine e GesùVirgin and Child with St. AnneLa Sainte Anne

Leonardo da VinciLeonardoLéonard de Vinci

La presentazione del sacro gruppo, costruito intorno a una rotante struttura piramidale, innesca un cambio di passo nella concezione della pala d’altare. Unito agli studi per la Battaglia d’Anghiari, il dipinto dà la misura dei traguardi leonardeschi raggiunti da Leonardo nell’analisi delle figure in movimento, attraverso lo slancio con cui la Vergine, levandosi quasi dal grembo della madre – Sant’Anna –, afferra il Figlio che stringe l’agnello, emblema della passione di Cristo. La foschia avvolge il paesaggio sullo sfondo, scandito da lontani specchi d’acqua intervallati ad aspri spuntoni rocciosi ed enfatizza il vorticoso effetto ondulatorio della scena principale. L’utilizzo sapientemente modulato dello “sfumato” nella resa dei volti addolcisce i tratti e le espressioni dei personaggi, rendendoli vivi e palpitanti.

Testo di Maria Teresa Tancredi

 

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The presentation of the holy group, made up around a rotating pyramid structure, marked a turning point in the conception of altar panels. Together with studies for the Battle of Anghiari, the painting sets a benchmark in Leonardo's aims in analysing moving figures, through the slant with which the Virgin, almost rising from the lap of the mother – Saint Anna –, grasps the Son, who clasps the lamb, emblem of the passion of Christ. The growing spray from the country background, scanned by distanced mirrors of water with rough rocky juts, emphasises the whirlwind, wavy effect of the main scene. And the wisely modulated use of “sfumato” in rendering the faces softens the characters’ features and expressions, so they live and palpitate.  

 Text by Maria Teresa Tancredi

 

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